Teoria dell’Albergo Diffuso

Alcune persone che mi scrivono o mi telefonano per parlare di albergo diffuso fanno fatica a capire di cosa davvero si tratti. Sono portati a pensare che un Albergo Diffuso sia solo una rete di case, con una gestione unitaria. A loro sfugge tutto il resto del mio discorso.
Ma se un Albergo Diffuso fosse una rete di case, cosa avrei mai inventato io? Come potrei dire che un Albergo Diffuso è un modello “originale” di ospitalità, un modello italiano, un nuovo modello di sviluppo turistico di un borgo?
Il fatto è che le reti di case non sono una proposta nuova, né originale; sono sempre esistite nel panorama delle proposte turistiche. L’Albergo Diffuso no!
E se un AD fosse solo una sommatoria di case, come mai le reti di case lavorano due o tre mesi l’anno, mentre gli AD (veri) lavorano 12 mesi l’anno nel 90% dei casi?
E perché mai dall’Irlanda al Giappone, dalla Svizzera alla Croazia, è tutto un fiorire di progetti di AD (anche se spesso, non essendoci normative adatte, restano esperienze parziali).
Occorre dunque capire che l’AD è parte di una teoria dello sviluppo turistico dei territori, e contemporaneamente di una filosofia dell’accoglienza, che si oppone a quella dello standard (ancora dominante nel mondo dell’ospitalità).
Concetti come “ospite”, “sostenibilità”, “comunità viva”, “stile di vita di un borgo”, residente temporaneo, autenticità, territorio, accoglienza…, non solo sono fondamentali, ma hanno una accezione particolare nel mio modo di affrontare il turismo, e di conseguenza all’interno del modello dell’albergo diffuso.
Così pure le mie idee di “albergo con due hall”, “albergo che non si costruisce”, “vicoli del borgo che diventano corridoi”, “coinvolgimento dei residenti”, il concetto di albergo come presidio sociale, la richiesta a tutti i giornalisti esteri di non tradurre il nome…, intendono rimarcare una filosofia diversa e distinta da tutte le altre forme di ospitalità (B&B, hotel, case vacanza, villaggi turistici, agriturismo…).
La filosofia dell’AD è la filosofia dello sviluppo orizzontale che riguarda una famiglia di prodotti: dall’ospitalità diffusa al pranzo diffuso (sperimentato in diversi AD); e che riguarda più in generale la vita nei borghi.
Come ho scritto nel manuale dell’albergo diffuso, l’AD è una avventura tutta italiana, che ripropone la cultura dell’accoglienza del nostro paese, e lo stile di vita “orizzontale”, cioè relazionale e comunitario che caratterizza i borghi italiani; l’hotel tradizionale invece ha una storia diversa, e propone lo stile di vita “verticale”, e anche quello della “civiltà della fretta”, che caratterizza le grandi città di tutto il mondo.
Solo un gestore che sposa questa filosofia riesce ad aprire un vero Albergo Diffuso e a gestirlo con successo.

E di una filosofia dell’AD c’è bisogno per evitare che con il suo successo, si snaturi l’idea iniziale che lo ha generato.
Giancarlo Dall’Ara

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